Nel contesto giuridico odierno, uno degli argomenti più dibattuti e rilevanti riguarda la responsabilità civile per danno da disinformazione online, un tema che sta assumendo sempre più centralità nella tutela della reputazione e nella regolamentazione delle libertà digitali. La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 26150 del 30 ottobre 2024, rappresenta un importante punto di riferimento in questa materia, affrontando il delicato equilibrio tra la libertà di espressione e la protezione della reputazione altrui in un mondo sempre più interconnesso.

1. IL CASO IN ESAME E GLI ESTREMI DELLA SENTENZA

La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi su un caso in cui una persona, attraverso un post su una piattaforma di social media, aveva diffuso notizie false e gravemente lesive della reputazione di un’altra persona. La vicenda coinvolgeva un’asserita diffamazione nei confronti di un professionista, il quale aveva subito danni economici e sociali a causa della diffusione di informazioni errate e infondate.

Nel caso specifico, l’autore del post aveva pubblicato contenuti accusatori, senza alcun riscontro fattuale, che descrivevano la persona offesa come coinvolta in attività illecite. La parte lesa, dopo aver tentato inutilmente di risolvere la questione attraverso un risarcimento stragiudiziale, aveva fatto ricorso in giudizio, chiedendo il risarcimento per i danni patrimoniali e morali subiti a causa della diffamazione online.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26150/2024, ha confermato la condanna dell’autore del post e ha ribadito che, pur nell’ambito di una comunicazione digitale che avviene su piattaforme social, la responsabilità civile per la diffusione di notizie false non può essere elusa in nome della libertà di espressione.

2. LA RESPONSABILITÀ DELL'AUTORE DEL CONTENUTO ONLINE: NON SOLO LIBERTÀ DI OPINIONE

Un elemento centrale della sentenza riguarda il principio che la libertà di espressione non può giustificare la diffusione di contenuti che possano ledere gravemente la reputazione altrui. In questo caso, la Corte ha sottolineato che ogni persona che pubblica un contenuto online, anche su una piattaforma privata, è responsabile per le informazioni che diffonde, qualora queste possano causare danni a terzi.

Secondo la Cassazione, la diffusione di contenuti diffamatori o infondati, senza un adeguato riscontro oggettivo o una verifica delle fonti, non costituisce esercizio legittimo della libertà di espressione, ma si configura come un'azione illecita, punibile con il risarcimento dei danni patrimoniali e morali. La sentenza ha evidenziato che la diffamazione online non è da considerarsi una “condotta priva di conseguenze” solo perché compiuta su internet o sui social media, ma deve essere trattata con la stessa severità della diffamazione tradizionale.

3. IL RUOLO DELLE PIATTAFORME ONLINE: RESPONSABILITÀ E OBBLIGHI DI MONITORAGGIO

Un altro aspetto fondamentale della sentenza riguarda il ruolo delle piattaforme online. Sebbene la Corte di Cassazione abbia escluso una responsabilità diretta delle piattaforme per i contenuti generati dagli utenti, essa ha sottolineato che le piattaforme hanno comunque degli obblighi di vigilanza. Se una piattaforma, una volta avvertita di un contenuto dannoso, non adotta provvedimenti adeguati (come la rimozione del post diffamatorio), essa potrebbe essere considerata corresponsabile del danno subito dalla vittima.

La Cassazione ha esplicitamente indicato che le piattaforme, pur non essendo editori di contenuti come i tradizionali mezzi di comunicazione, sono comunque chiamate a intervenire per evitare che notizie false e dannose si diffondano senza controllo. In altre parole, sebbene la piattaforma non sia obbligata a vigilare attivamente su ogni contenuto, essa ha il dovere di rimuovere tempestivamente i contenuti segnalati che violano i diritti altrui, soprattutto quando si tratta di danni gravi alla reputazione.

4. IL DANNO DA DISINFORMAZIONE: UN PROBLEMA IN CRESCITA NEL MONDO DIGITALE

Il fenomeno della disinformazione online è in continua crescita, alimentato dalla velocità di diffusione dei contenuti sui social media e dalla difficoltà di controllo delle informazioni in rete. La Cassazione, con la sua sentenza, si è trovata di fronte alla necessità di regolamentare un aspetto del diritto civile che riguarda una problematica sempre più diffusa e urgente. La diffusione di fake news, la disinformazione su eventi, persone o organizzazioni, comporta danni irreparabili non solo a livello personale, ma anche a livello sociale ed economico.

La Corte ha chiarito che la responsabilità civile per danno da disinformazione è diretta e immediata. Non è sufficiente che un contenuto venga rimosso dopo che ha causato danno, ma l’autore è chiamato a rispondere del danno subito dalla parte lesa anche se il contenuto è stato rimosso tempestivamente. La responsabilità risarcitoria è quindi estesa, non solo a chi pubblica il contenuto, ma anche a chi ne facilita la diffusione.

5. IL BILANCIAMENTO TRA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE E DIRITTI DELLA PERSONA

Un aspetto fondamentale della sentenza riguarda l’analisi del bilanciamento tra la libertà di espressione e la protezione della dignità e reputazione altrui. La Corte ha ribadito che, sebbene la libertà di espressione sia uno dei diritti fondamentali della persona, essa deve essere esercitata in modo da non danneggiare gli altri, soprattutto quando si tratta di informazioni false o tendenziose che possono compromettere l’onore e la reputazione di una persona. In particolare, la Cassazione ha ricordato che la verità delle informazioni è un elemento essenziale per il legittimo esercizio della libertà di espressione.

6. CONCLUSIONI: IMPATTI PRATICI E PROSPETTIVE FUTURE

La sentenza della Cassazione n. 26150 del 30 ottobre 2024 costituisce un passo fondamentale verso una maggiore responsabilizzazione degli utenti e delle piattaforme digitali nella gestione della disinformazione online. Sebbene la libertà di espressione debba essere tutelata, essa non può giustificare atti di diffamazione o la diffusione di notizie false, soprattutto quando queste comportano danni concreti alle persone coinvolte.

Le piattaforme, da parte loro, sono chiamate a fare di più per prevenire la diffusione di contenuti dannosi, sia rimuovendoli tempestivamente che educando gli utenti a un utilizzo più consapevole e responsabile dei social media. In un mondo in cui la comunicazione digitale è diventata centrale, la responsabilità civile per i danni derivanti dalla disinformazione rappresenta una delle sfide più grandi per il diritto civile contemporaneo.

 

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